Un recente passaggio evolutivo nell’applicazione delle tecnologie digitali nelle imprese italiane è stato quello relativo all’implementazione di infrastrutture e servizi cloud, che ha determinato e determina un certo cambiamento nei processi interni alle aziende. Questo genere di evoluzione tecnologica è tuttora in corso, guidata non solo dall’emergere di soluzioni web-based per le imprese, ma anche da nuovi abilitatori digitali decisamente pervasivi ed efficaci quali IoT (Internet-of-things), intelligenza artificiale e machine learning, o reti mobili di ultima generazione come il 5G.
Tutte queste tecnologie hanno in comune la creazione e l’utilizzo di una immensa mole di dati, cosa che ha generato la conseguente necessità di gestirli ed analizzarli, unitamente ad altre spinte di natura principalmente normativa (si pensi al GDPR sulla gestione della privacy e dei dati personali in vigore da qualche anno in Europa), mediante tecniche di Big Data management.
Le aziende si sono presto trovate quindi nella necessità di effettuare delle scelte per adeguarsi al cambiamento tecnologico, ed ognuna di esse sta avendo il suo riverbero nella conduzione dei processi aziendali e nell’organizzazione dell’impresa in senso sia strategico che operativo. Ad esempio, a livello direzionale, le realtà di mercato più all’avanguardia hanno iniziato da tempo ad adottare strategie di change management adatte all’implementazione ed allo sfruttamento dei nuovi paradigmi tecnologici (Digital Strategy). A livello operativo, molte imprese si sono attivate in vari modi per assorbire le competenze tecniche specifiche, sia mediante formazione che mediante reperimento sul mercato di figure professionali, per poter utilizzare al meglio gli strumenti innovativi di cui si stanno dotando seguendo l’evoluzione delle infrastrutture informatiche. Tale evoluzione procede velocemente ed è molto complesso anticipare i tempi prevedendone gli sviluppi concreti, tuttavia emergono alcuni elementi che sembrano fornire delle indicazioni chiare, almeno su di un piano sufficientemente generale: si va verso l’integrazione (ad esempio l’integrazione dei dati sul comportamento dei clienti con le attività di marketing e di customer service, dei dati di lavorazione dei macchinari e del reparto produttivo con la gestione della qualità del prodotto e della manutenzione predittiva, delle informazioni di mercato con le strategie di vendita, dei dati di produttività con la gestione delle risorse umane, eccetera) e ciò porta ad interpretare l’azienda come un anello di una supply-chain di dimensioni più ampie.
Questo si riflette direttamente sulla capacità di controllo e di analisi dei dati (Analytics e BI), il che espande il tema dei Big Data ben oltre il perimetro della singola impresa classica, coinvolgendo non solo, com’è ovvio, clienti e fornitori nelle loro attività tipiche di vendita e di acquisto, ma l’intera filiera del valore comprensiva delle tendenze comportamentali e sociali di tutti gli attori in gioco, interpretata a partire dall’utilizzo di tutti gli strumenti innovativi generatori effettivi di dati (ad oggi i dispositivi mobili hanno raggiunto un livello di pervasività totale anche in ambito lavorativo in ogni reparto, e le applicazioni software sono decisamente più determinanti delle soluzioni hardware).
Come si può facilmente comprendere, un tale sforzo di innovazione continua pretende altrettali impegni di riorganizzazione aziendale con un conseguente (e pesante) adeguamento dei processi, nonché l’eventuale implementazione di nuovi processi che possano rispondere alle emergenti esigenze di gestione – in particolare dei Big Data e delle modalità di loro interpretazione a fini imprenditoriali.
Il mercato dei prodotti informatici e dei servizi per la gestione di una grande mole di dati è in ascesa, ed ha superato da poco, in Italia, il miliardo di euro. Accedervi senza adeguati progetti di innovazione organizzativa potrebbe rivelarsi un boomerang.